sabato 31 dicembre 2011

IL VIAGGIO DI SERENA CALABRO' A CASA DI NONNO CHANG

UNA ENTUSIASMANTE RECENSIONE SU MANGIALIBRI

Nessuno pensi male
Il viaggio della giornalista Serena Calabrò

 
Graziano è napoletano e, come vuole lo stereotipo, ne ha passate tante, catapultato per caso o per sfortuna nell’impero della camorra. La sua storia inizia nel bagagliaio di un’auto, portato chissà dove dall’amico (?) Vincenzo. Sembra che tutto questo sia necessario per la sua salvezza, perché il gioco si è fatto grosso e la legge della sopravvivenza dice che i pesci piccoli muoiono per sfamare i più grossi. È da qui che inizia il suo viaggio all’indietro nel tempo, attraverso i ricordi di una vita bruciata, compromessa da circostanze impreviste e incontrollate. Un insieme di coincidenze, incontri e azioni, hanno portato Graziano Spichesi dove si trova adesso: in un posto chiuso e soffocante, forse metafora della sua condizione, ma che rimane sempre il bagagliaio di una macchina. La meta è Avezzano, una cittadina della regione abruzzese. La promessa? La salvezza. Ma a che prezzo? Graziano sarà venduto come cameriere al servizio di un proprietario cinese, Chang Lok, un uomo dalle mille risorse. Il cinese controlla un impero e gestisce dei traffici loschi con i più grandi capi della criminalità del suo paese: imprenditori, pezzi grossi, gente piena di soldi, tutt’altro che puliti. Graziano dovrà cambiare identità, dovrà andare in giro travestito e dormire su un letto malridotto nella stanza con il nonno. Non sa che la sua vita è sul filo del rasoio, costantemente in attesa della fine. Presto useranno i suoi organi, sani e “freschi”, per salvare i grandi imprenditori cinesi. Chang li venderà a caro prezzo: la vita di quel ragazzo napoletano e buono a nulla sembra valere molto meno. I piani del cinese, però, non hanno fatto i conti con l’imprevisto e con il colpo di scena: il rapporto che si creerà tra Graziano e nonno Chang. Si tratta di un legame tra due uomini  molto diversi per cultura d’appartenenza e stile di vita, ma ugualmente attenti alle piccole sfumature, che si ritroveranno a raccontare se stessi. Il racconto, inteso nel senso di narrazione orale, allunga la vita e allontana sempre di più il momento della fine...
L’atmosfera che respiriamo tra le pagine di questo romanzo è molto simile a quella del Gomorradi Roberto Saviano: la malavita cinese, il connubio con Napoli, i traffici illeciti. Cambiano lo stile e il punto di vista, elementi fondamentali per rendere due romanzi che partono dallo stesso sfondo totalmente diversi. La scrittura di Gianni Paris, l’autore, è meno giornalistica, più “piena”, dove l’aggettivo deve essere inteso in opposizione allo stile d’inchiesta, sicuramente più asettico. Qui di incolore e di distaccato non c’è niente e riusciamo ad avvertire gli stati d’animo di Graziano, che si eleva al di sopra della cornice del racconto e lo riempie della sua esperienza personale, dei suoi dubbi, del suo sconforto. Rispetto a Gomorra, come già detto, cambia anche il punto di vista, che non è più quello di un infiltrato, ma paradossalmente diventa quello dei criminali o presunti tali. Diventa quello di nonno Chang, troppo stanco per continuare il “gioco”, diventa quello di Graziano, criminale redento, o forse mai criminale. Nessuno pensi male è una meta-storia. Come delle scatole cinesi, si incastrano l’una dentro la cornice del racconto e una piccola storia, quella di Graziano. Si dice che, quando si è vicini alla morte, la vita vissuta scorra come i fotogrammi di un film, in maniera scomposta, quasi a ricordare ogni singolo istante di quel viaggio ormai giunto alla fine. È questo il tenore dei racconti del protagonista, premonitori della conclusione imminente. I flashback, mai contestualizzati a livello temporale né preannunciati nell’impaginazione, fanno parte di una narrazione-flusso di coscienza in cui gli episodi vissuti non sono altro che lo specchio di ciò che accade nel presente. Narrare spesso significa salvarsi. 

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